Nasce nel 1942 a Oneonta, nello Stato di New York, Ronald Clyde Crosby a noi meglio noto col suo nome d’arte Jerry Jeff Walker (1942-2020), songwriter di fondamentale importanza e grande influenzatore della scena folk e country texana.
Nel Lone Star State Walker arriva dopo aver frequentato la high school e vagato per gli States e qui diverrà una vera icona di quel genere denominato Outlaw Country che vedrà tra le sue fila personaggi del calibro di Willie Nelson, Waylon Jennings ma, anche, Guy Clark e Townes Van Zandt. Probabilmente il buon Jerry Jeff ha goduto di una fama addirittura superiore ai propri meriti, rimane, altresì, uno dei pochi capace di farsi amare un po’ da tutti – siano essi hippies, rednecks, hillibillies – con le sue storie fatte di quotidianità, radicate nella tradizione, piene di umanità e con uno schietto rapporto col proprio pubblico.
Ballate da vero “hobo”, a volte irreali e surreali, altre sincere e pure, così com’è la vita che ha sempre saputo raccontare con quella voce da meraviglioso narratore, ricca di atmosfera.
“Mr. Bojangles”, l’album più noto di Jerry Jeff Walker
Dopo il debutto csu Vanguard con gli album “Circus Maximus” (1967) e “Neverland Revisited” (1968) nello stesso anno, ancora a New York, registra l’album che conterrà la sua canzone più famosa, “Mr. Bojangles” e che darà il titolo anche al bellissimo vinile inciso per la Atco Records, sottoetichetta della celebre Atlantic e fondata da Herb Abramson. Registrato negli Atlantic Studios uscì nell’autunno dello stesso anno sotto la produzione di Tom Dowd (non l’ultimo arrivato) e Dan Elliot e vedeva un giovane David Bromberg tra i musicisti coinvolti. Sarà proprio l’eclettico artista di Philadelphia a regalarci una delle più toccanti versioni dell’hit di Walker, portato al grande successo dalla Nitty Gritty Dirt Band e poi ripreso da tantissimi altri artisti, da Bob Dylan fino a Robin Williams (in “Swing When You’re Winning” del 2000).
È proprio il vagabondo ballerino di New Orleans, incontrato dall’autore in carcere nel 1965, uno dei principali ispiratori di Jerry Jeff e delle sue intense storie. Il disco parte come meglio non si poteva e l’autobiografica “Gypsy Songman” (che diverrà un nickname per lo stesso Walker) ci introduce nelle sonorità country, quasi bluegrass di questo bellissimo album e impariamo – così – a conoscere David Bromberg, assieme a Ry Cooder uno dei principali esponenti di studiosi di american music.
“Mr. Bojangles” è bellissima, allegra e triste allo stesso tempo, un capolavoro senza tempo che ascolteresti e suoneresti in continuazione. Molto bella anche “Little Bird”, triste love songs costruita sulla melodia di “Blowin’ In The Wind” con un toccante #DonnieBrooks (1947-2000) all’armonica. [Un uccellino è venuto a sedersi sul davanzale della mia finestra. È rimasto lì sotto la pioggia battente. Mentre lo guardavo su quel davanzale ho visto ripassare nuovamente i miei pensieri su di te… ].
La seguente “I Makes Money (Money Don’t Make Me)” ha ancora un incedere bluegrass con Jody Stecher al mandolino e violino mentre Bromberg è sempre dietro a ricamare con la sua nervosa chitarra. “Round And Round” è un blues che mette in risalto anche il buon lavoro al piano di Gary Illingworth, anche lui tra i protagonisti. Chiude la prima facciata “I Keep Changin’” dove troviamo David Milhon dialogare col suo dobro in questo brano alla Jimmie Rodgers.
Il lato B si presenta con una bellissima “Maybe Mexico” e la volontà di rimettersi in cammino e – anche qui – Bromberg ci regala pezzi di bravura. La delicata e speranzosa “Broken Toys” è giocata sulle punte delle dita, tra chitarre e pianoforte, ed è la più newyorkese di tutto l’album.
L’influenza di Dylan si fa sentire nella meravigliosa e lunga “The Ballad Of The Hulk” – personalissima e politica ballata – che risulterà una delle migliori di tutto l’album. Chiude “My Old Man”, magnifica melanconica canzone sugli hobo che pare uscita da “La Strada” il meraviglioso libro di Jack London e che, sono sicuro, il grande Guy Clark avrà amato particolarmente.
Ha superato il mezzo secolo questo “Mr. Bojangles” ma, senza ombra di dubbio, gli anni li sa portare veramente molto bene. So long JJ.
[Antonio Boschi]
One response
Questo tuo bel ricordo ed essenziale recensione del disco, mi ha dato lo spunto per tornarci . A dirla tutta …di Walker ho un bellissimo doppio vinile antologico , il meno acclamato se pur interessante” Cow jazz” e poco altro,ma ricordo come all’epoca quel doppio con la sua ” Mr.Bojangles” ( tratta dal su citato ..) L.A.Freeway” ( Guy Clark) ed altri titoli mi conquistarono all’ istante e quanto Jerry Jeff Walker sia stato il primo ad avermi portato verso quel ” Outlaw Country” da te giustamente evidenziato. Quel suo sorriso appena abbozzato ma sincero e quei suoi occhi velati da una leggera malinconia,mi hanno sempre fatto pensare a quella galleria di beautiful losers che tanto abbiamo amato attraverso certo cinema ( Peckinpah su tutti..) e a tutti quei personaggi tanto semplici quanto grotteschi ed in taluni casi anche involontariamente folli. Mi mancherà sempre Jerry Jeff !!!
Armando Chiechi