Janis Joplin con la sua voce può venir paragonata a Jimi Hendrix con la sua chitarra. Nessuno prima di loro aveva osato tanto, lasciando dopo le loro premature dipartite – avvenute nel giro di pochissimi giorni l’una dall’altra, il 18 settembre 1970 per il mancino chitarrista di Seattle e il 4 ottobre per la cantante texana – una traccia da seguire ancor oggi viva e concreta che pone i due artisti statunitensi sulla vetta più alta dell’Olimpo della musica rock.
Janis Lyn Joplin, classe 1943 da Port Arthur (TX), è un’artista difficile, inquieta con una grande passione per il blues. Nonostante ottimi risultati negli studi lo stile di vita della Joplin non poteva coesistere con un Texas bigotto e conservatore così se ne partì verso la libertà che offriva la California, raggiungendo quella San Francisco che stava diventando la Capitale della musica rock. Qui conobbe i Big Brother & The Holding Company, una giovane band che faceva parte della nascente scena psichedelica nata ad Haight-Ashbury e alla quale si unì incidendo un primo frettoloso album ma facendosi notare come una delle più belle rivelazioni al Monterey Pop Festival nel giugno 1967.
Da quel momento per la band, ma soprattutto per Janis, la gloria era conquistata e la bravissima cantante considerata una vera e propria diva. Questo – purtroppo – cambiò drasticamente l’atteggiamento della venticinquenne frichettona, sciatta e volgare ragazza ma, al contempo assolutamente cordiale e alla buona che divenne arrogante ed imperiosa, con atteggiamenti da vera primadonna che infastidirono non poco i componenti della band relegata ad essere una backing band e non più collaboratori alla pari.
Anche l’allora manager Albert Grossman e il produttore John Simon ci misero del loro rendendo oltremodo insicuri i musicisti riguardo alle loro effettive doti tecniche che, per la verità, non erano eccelse, ma capaci di regalare sprazzi di grande musica. Aggiungiamo il sopraggiungere di abusi massicci di droghe (eroina) e alcol e il cerchio si chiude senza difficoltà.
Nella primavera del ’68 il gruppo andò in sala d’incisione per cercare di mettere su nastro le tracce del nuovo album e quando nel giugno dello stesso anno a New York i Big Brother ultimarono le registrazioni John Simon aveva già tagliato la corda, convinto che non ci fosse materiale sufficiente per far uscire un disco degno della nomea che il gruppo si era fatto attraverso gli show dal vivo. Nemmeno le circa duecento bobine potevano soddisfare la richiesta del mercato che – nel frattempo – aveva già fatto pervenire alla Columbia ordini per mezzo milione di copie.
Janis, con Sam Andrew, chitarrista e cantante del gruppo, ed un tecnico del suono avevano portato a termine il missaggio dei brani, con l’aggiunta di alcune tracce live, in un vero e proprio tour de force di trentasei ore filate, arrivando al prodotto finale che avrebbe dovuto intitolarsi “Sex, Dope And Cheap Thrills” e che la casa discografica abbreviò in “Cheap Thrills”. L’album avrebbe dovuto ritrarre in copertina l’interno di una tipica casa hippie, ma il set preparato fu letteralmente demolito dal gruppo i quali si fecero ritrarre nudi su un grande letto in ottone, cosa che non venne accettata e si optò – anche su insistenza di Janis – per quella che doveva essere il retro con un disegno commissionato al grande illustratore Robert Crumb che sotto l’effetto di LSD disegnò quella che diventerà una delle più celebri cover della storia.
L’album più amato di Janis Joplin
L’album inizia con la voce del grande Bill Graham che presenta la band e subito un torrente di chitarre acidissime ci introduce nella bella versione live di “Combination Of The Two”, brano dall’incedere blues composto da Andrew. Il basso di Peter Albin e la batteria di Dave Getz sostengono le due chitarre di Andrew e James Gurley, mentre la Joplin inizia a scaldare l’ugola ed intanto il brano diventa man mano sempre più lisergico.
La seguente “I Need A Man To Love” ha un piglio più rock e la voce di Janis Joplin raschia via ogni traccia di ruggine e ci porta ad uno dei brani che hanno reso maggior popolarità alla texana. Si tratta di un classico a firma di George ed Ira Gershwin assieme a DuBose Heyward conosciuto per la sua raffinatezza. In questa memorabile versione “Summertime” vivrà una nuova luminosa vita grazie al meraviglioso incrociarsi delle acide chitarre di Gurley e Andrew, arrangiate da quest’ultimo, e con una magnifica straziata Janis a dire a tutto il mondo che è lei la regina incontrastata.
Da un capolavoro all’altro ed ecco – a chiudere la prima facciata – “Piece Of My Heart” un brano tipicamente rock del periodo che permette alla Joplin di giocare a suo piacimento con la propria voce.
Appena la puntina incontra i solchi del lato B veniamo catapultati in una barrelhouse anni ’30, con la Joplin che canta “Turtle Blues”, mentre il piano verticale di John Simon la accompagna e tocca a Peter Albin regalarci un solo centrale con l’acustica. “Oh, Sweet Mary” è un brano a firma di tutta la band. Inizia quasi sulla falsariga di una canzone dei Jefferson Airplane, con le chitarre molto distorte, trasformandosi strada facendo in una sorta di gospel psichedelico dal grande impatto.
Spetta a una chilometrica e acidissima versione di “Ball And Chain” della grande Big Mama Thornton l’onore di chiudere questo faticoso (nella realizzazione), ma splendido album. Il brano della blues woman di Montgomery è una vera apoteosi musicale dove la Joplin, ma anche tutta la band, si supera regalando momenti dolcissimi intervallati da altri di una sensualissima carica di aggressività. Un brano che passerà alla storia contribuendo a lanciare “Cheap Thrills” in vetta alle classifiche di vendita mentre iniziava a circolare la voce dell’uscita dalla band di Janis, come ella stessa aveva comunicato alla band in una infuocata riunione che decretò la rottura insanabile di un tormentato sodalizio capace – comunque – di regalare attimi di grandissima musica.
Il futuro per Janis vedrà una breve carriera solista, prima sostenuta dalla Kozmic Blues Band – nella quale era presente anche Andrew che aveva pure lui lasciato i “Grandi Fratelli” e con la quale si esibì a Woodstock – poi dalla Full-Tilt Boogie Band con la quale incise “Pearl” ma che non poté mai vedere terminato poiché nella notte del 4 ottobre trovò la morte presso il Landmark Motor Hotel di Los Angeles causa una overdose di eroina fortemente aggravata da uno smodato abuso di alcol, presumibilmente l’adorato Southern Comfort della quale era particolarmente ghiotta.
[Antonio Boschi]
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