Sono sempre rimasto affascinato da personaggi come Paul Rishell, uno dei tanti che non ha sfondato pur avendo capacità ben superiori a ben più blasonati artisti che girano sui nostri giradischi o lettori CD.
Per scoprire la magia del Mississippi Delta Blues bisogna obbligatoriamente fare un tuffo nelle vecchie tracce sonore (fortunatamente periodicamente riproposte) dei famosi anni in cui in quelle terre – oggi povere e sempre più desolate – il cotone era un “Re cattivo”, che aveva relegato un intero popolo ai margini dell’inferno, se non al centro di esso.
Ma da questo inferno emerse forte, intenso e vigoroso il blues, che da Charlie Patton, Robert Johnson, Son House, Bukka White, Furry Lewis, Skip James, Fred McDowell, Muddy Waters, e via via tutti gli altri è arrivato ai giorni nostri, pur perdendo la sua intensità e, purtroppo spesso, la sua sincerità. Il blues è anche bianco, non solo un affare per “neri”, e anche qui si potrebbero aprire tante discussioni.
Ma è innegabile che parecchi artisti, anche provenienti da altre zone (prima degli States, successivamente del mondo) hanno saputo – se non altro – trasmettere agli ascoltatori il proprio amore, rispetto e la passione per la musica e gli storici esecutori.
Possiamo prendere ad esempio personaggi come John Hammond, Jorma Kaukonen, Roy Book Binder, Paul Geremia e, anche, Paul Rishell, sicuramente il più sconosciuto ai più, non obbligatoriamente il meno valido, anzi.
Questo “Swear To Tell The Truth” è la seconda opera discografica del cantante e chitarrista bostoniano e segue l’ottima prova di debutto “Blues On A Holiday” del 1990, anch’essa uscita per la piccola label Tone-Cool Records – fondata nel 1985 dall’armonicista Richard Rosenblatt nella città capitale del Massachusetts.
Paul Rishell – Swear To Tell The Truth
L’album alterna brani acustici ad altri elettrici, per un totale di 16 tracce. Ad aiutare Rishell – il quale si trova perfettamente a proprio agio anche in totale solitudine – troviamo lo stesso Rosenblatt (anche co-produttore del disco), l’eccellente chitarrista Ronnie Earl (uno dei migliori sulla piazza in quegli anni, per tecnica e gusto), David Maxwell al piano, Per Hanson alla batteria e Rod Carey al basso, ovvero i Broadcasters che accompagnavano il chitarrista newyorkese in quel periodo.
A questi va aggiunta la presenza dell’armonicista Little Annie Raines che proprio da questo album inizierà un lunghissimo sodalizio musicare con Rishell. L’album, ottimamente equilibrato, parte con una eccellente versione di “Shake ‘em On Down” dove l’armonica di Rosenblatt duetta con la National e la voce del bravo Paul.
“I’m Gonna Jump And Shout” è un brano dello stesso Rishell, ma se fosse stato scritto mezzo secolo prima nessuno se ne sarebbe accorto, grazie anche ai fantasmi di Funny Papa Smith e Bo Carter che si incuneano tra le note della National del solitario Rishell.
“Depot Blues” per me è una delle vette dell’intero album, ancora il solo Paul con la sua fida National in questo magico brano di Eddie “Son” House.
Posata la pesante e metallica chitarra resofonica e imbracciata una Martin, Rishell ci regala un’altra perla, questa volta dal repertorio di Jack Clement, con la sinuosa e sognante “It’ll Be Me”, dedicata alla moglie Leslie.
È arrivato il tempo di scaldare le valvole e far “debuttare” la band, e cosa di meglio se non un brano di Chester Burnett, il “Lupo Solitario” di “Somebody In My Home” e le magnifiche sonorità della Chicago anni ’50, ben differenti da quella che diverranno col passare degli anni, con Ronnie Earl a dimostrarci tutta la sua bravura.
Ancora la band (stavolta cambia la sezione ritmica con Albey Balgochian al basso e Forrest Padgett al basso) alla quale si aggiunge Annie Raines e via con “Every Night About This Time”, della coppia Fats Domino/Dave Barholomew.
Si torna in riva al Mississippi con “Canned Heat Blues” dove il bellissimo brano di Tommy Johnson emerge con tutto l’alcool in corpo.
Si può parlare di Mississippi Blues e non omaggiare Robert Johnson, uno dei bluesmen più influenti? Ecco, quindi un’eccellente versione di “32-20 Blues” che ci introduce a “Mamie”, omaggio ad un altro dei grandi del blues, Blind Boy Fuller, uno dei beniamini di Rishell.
Ancora un classico del Delta, “Drinkin’ Water From A Hollow Log” è un traditional reso celebre da “Mississippi” Fred McDowell e non serve aggiungere nulla se non l’invito all’ascolto in religioso silenzio.
Mike Allen, di Newburyport (Massachusetts) insegnò a Rishell questa versione dell’arrangiamento per chitarra di “Michigan Water”, brano del pianista Jelly Roll Morton e nel quale emerge tutta la bravura nel fingerpicking style del nostro bravo chitarrista.
“Some Of These Day” è un melanconico brano di Shelton Brooks, reso celebre dalla cantante Sophie Tucker, ma qui proposto come nella versione di Charlie Patton, apparsa nell’album 1020 della Yazoo.
Si torna a Chicago con tutta la band per “Lou Ella” di J.B. Lenoir e, subito dopo, con la bellissima “Do You Swear To Tell The Truth” di Earl Hooker che qui emerge con tutta la sua carica esplosiva, ancora grazie alla chitarra di Earl.
Per chiudere Paul Rishell ci propone uno dei brani che per il sottoscritto rappresenta meglio di tutti il blues: “Devil Got My Woman” di Nehemiah “Skip” James. Affrontare il chitarrista di Bentonia non è cosa da tutti, si rischia di farsi parecchio male, Paul Rishell esce da questo confronto promosso a pieni voti, con la giusta aura di melanconia e sofferenza che questo magnifico brano contiene al suo interno.
Quando si ha voglia di ascoltare un buono ed onesto disco di blues, questo “Swear To Tell The Truth” di Paul Rishell può essere un’ottima soluzione. Lo è, almeno, per me, perché il blues va suonato col cuore oltre che con il corpo e in questo non tutti ne sono capaci.
[Antonio Boschi]
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