recensione di ZZ Top’s First Album foto Antonio Boschi

Oggi gli ZZ Top sono una macchina da soldi, belle donne, auto scintillanti, oltre 50 milioni di dischi venduti e tanti effetti sul palco. Una vera e propria business band. Ma prima che le barbe dei texani Billy Gibbons e Dusty Hill diventassero così lunghe e bianche erano un signor “blues trio”.

Tutto nacque quando il geniale chitarrista e cantante Gibbons (1949), di Houston, Texas, decise che voleva creare una band che sapesse unire la psichedelia, ben assimilata frequentando l’amico Jimi Hendrix, col blues e il rock. Gli servivano le persone giuste che trovò, dopo varie sostituzioni, nel bassista e cantante Hill (1949-2021) e nel roccioso batterista Frank Beard (1949), da Dallas il primo e da Frankson il secondo.

Siamo nel 1969 e vede la luce quella che sarà la più popolare band di tutto il Lone Star State, e forse nemmeno loro ci avrebbero creduto se gli fosse stato detto al tempo.

Un suono duro, schietto e molto genuino era alla base della filosofia del trio, cosa che dagli anni ’80 in poi fu sempre più accantonata a favore di una sovra produzione ricca di effetti e contaminazioni elettroniche che ne hanno devastato il suono, ma portato tanti, proprio tanti soldi. Diciamo che fino a “Fandango” del 1975 le cose sono andate molto bene (musicalmente parlando), poi sono arrivati i soldi in cambio della genuinità e la band non fu più la stessa.

Il primo album degli ZZ Top

Dal 1971, anno di “First Album” (London Records – 45-138) fino al ’75, quindi attraverso “Rio Grande Mud” e il famosissimo “Tres Hombres” – indubbiamente il vertice massimo della loro produzione con brani di grandissima notorietà (“Jesus Just Left Chicago” e “La Grange” su tutte) – gli ZZ Top hanno fatto grande musica.

Il debutto – avvenuto il 16 gennaio –  è stato notevole, personalmente lo considero appena un gradino sotto a “Tres Hombres” ma il corpo sonoro mostrato in quella mezz’ora abbondante di musica è decisamente maturo, erano la “Little Ol’ Band From Texas”.

L’album viene registrato nel 1970 ai Robin Hood Studios di Tyler e vede la luce a metà gennaio dell’anno successivo e la partenza è di quelle belle toste con “(Somebody Else Been) Shaking Your Tree” che ci prepara al robusto sound del terzetto dove la chitarra di Gibbons e la sua bella voce ci dicono di che pasta son fatti.

Brown Sugar” è un gran bel blues con la graffiante Les Paul di Billy che parte in solitaria a volume basso accompagnando il bel cantato dello stesso Billy. Poi manopola del volume a 10 e ingresso di basso e batteria per un torrenziale riff dal sapore di boogie blues di gran gusto e una signora canzone è impacchettata e pronta per la consegna.

In “Squank” si inizia a sentire il duetto e lo scambio tra le voci del chitarrista e di Hill, mentre Beard continua a picchiare come un matto dietro ai suoi tamburi. Il Texas è al confine geografico col Messico e anche il trio si fa un giro con “Goin’ Down To Mexico”. Riff incandescente a tutta Tequila e grande canzone.

Old Man” è una bella ballata rilassata molto “southern” con la voce del leader in bella evidenza. La seguente “Neighbor, Neighbor” non mi convince fino in fondo, sono sincero, e anche alla seguente “Certifie Blues” manca qualcosa anche se si sente che è in fase embrionale il sound ZZ Top del futuro. “Bedroom Thang”, invece, ha tutt’altro tiro e graniticamente ci porta allo slow blues “Just Got Back From Baby’s” e in questo brano, uno dei migliori dell’album, emergono gusto e bravura del Gibbons chitarrista.

First Album si chiude con “Back Door Love Affair”, anch’essa necessita di alcuni miglioramenti ma ci sono tutti i positivi segnali che emergeranno coi seguenti 2 album, perfetto viatico par una strada lastricata di successi. Peccato che dopo il suono sia mutato quasi drammaticamente. Billy non aveva ancora la barba, non è che sia l’ora di tagliarla?

[Antonio Boschi]

ZZ Top’s First Album cover album


One response

  1. Concordo Antonio su tutto quello che scrivi. Personalmente ricordo che gli scoprii, comprando il vinile di ” Fandango” che curiosamente portava un lato A tutto live ed un B in studio non da meno… ma furono ” Rio Grande Mud ” e ancor di più ” Tres Hombres a stendermi. Il loro esordio lo presi dopo qualche anno e devo dire che ho sempre nutrito un affetto particolare per questo disco, che seppur non raggiunge le vette dei seguenti ha già dalla sua una certa maturità.

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