recensione di Antonio Boschi dell'album Joe Cocker – Mad Dogs & Englishmen

Dopo lo straordinario successo ottenuto grazie ad una bellissima performance a Woodstock il britannico Joe Cocker (1944-2014) pensava di potersi godere un po’ di pace e privacy con una defaticante vacanza in Giamaica per recuperare le forze dopo un lungo tour de force che lo vide calcare i principali palchi del Regno Unito. Ma la fama di questo energico performer di Sheffield aveva raggiunto le coste statunitensi e, perciò, nella primavera del 1970 venne raggiunto da una telefonata che gli “intimava” che sarebbe dovuto ritornare sul palco nel giro di pochissimi giorni.

Cocker non aveva più la band che lo aveva accompagnato al celebre festival perciò fu costretto ad appoggiarsi a Leon Russell (1942-2016) che fu in grado di allestire una formazione stellare in pochissimo tempo, e capace di esaltare lo spirito e la magnifica voce di Cocker. Più che una band si trattava di una vera e propria comune che si spostava per gli States, composta anche da una troupe cinematografica che riprese parte di quelle intense giornate fatte di musica, alcol e droga. Oltre trenta persone che convivevano (non sempre pacificamente, per la verità) ma che furono capaci di portare a termine uno stellare tour che venne raccolto in un doppio album e in un film documentario molto belli.

Joe Cocker – Mad Dogs & Englishmen

Nel 2005 la A&M pubblicò una “Deluxe Edition” di “Mad Dogs & Englishmen” che comprendeva alcuni meravigliosi inediti misteriosamente esclusi dal doppio originale. Quasi un’ora in più di grande musica in aggiunta all’originale doppio vinile e nelle quali Cocker & friends passano in rassegna alcune delle più belle e celebri canzoni del periodo, dove il rock si amalgama alla perfezione con il blues, il soul e il gospel e che la voce roca e graffiante dell’artista di Sheffield era in grado di rendere assolutamente personali.

Con una impressionante sezione ritmica che vedeva il basso di Carl Radle (1942-1980) letteralmente circondato dalle batterie di Jim KeltnerJim Gordon e di Chuck Blackwell (non dei pivellini qualsiasi) ai quali si affiancarono le percussioni di Sandy Konikoff e Bobby Torres c’era il rischio che il sound potesse risultare un’accozzaglia impossibile, invece il biondo pianista dell’Oklahoma, maestro di cerimonie, riuscì a confezionare un suono pulito, diretto dove il suo piano e quello di Chris Stainton (unico superstite della vecchia formazione di Cocker che si alternava all’Hammond) era perfettamente bilanciato con la chitarra di Don Preston e, a volte dello stesso Russell, i sax di Jim Horn e Bobby Keys (1943-2014) e la tromba di Jim Price ai quali si aggiungeva la nutrita sezione corale che comprendeva – tra gli altri – la bellissima Rita Coolidge (qualcuno la ricorderà nel film “Pat Garrett & Billy The Kid”) e alla quale Leon Russell dedicò “Delta Lady”, uno dei celebri brani che hanno reso celebre “Mad Dog & Englishman”.

Vengono presi in esame brani dei Beatles (oltre all’arcinota “With A Little Help From My Friends” troviamo “Let It Be”, “She Came In Through The Barhroom Window” e “Something”) ma, anche, dei Rolling Stones (l’iniziale “Honky Thonk Woman” e “Under My Thumb”), di Dylan (“Girl From North Country” da pelle d’oca cantata in coppia con Russell), una bellissima versione di “The Weight”, capolavoro di The Band, oppure di Leonard Cohen (“Bird On A Wire”), Dave Mason (“Feelin’ Allright”).

Poi ci sono le tante perle soul come “Let’s Go Get Stoned” (di Valerie Simpson e resa celebre da Ray Charles) e, soprattutto, “Blue Medley” che in oltre 12 minuti ripropone alcuni standard come “I’ll Drown In My Own Tears”, “When Something Is Wrong With My Baby” per terminare in una incandescente “I’ve Been Loving You Too Long”.

Da non sottovalutare neanche le versioni di “Further On Up The Road”, la dolce “Superstar” cantata dalla Coolidge, “The Letter”, dal repertorio di Wayne Carson Thompson con i fiati in bella evidenza, la stupenda “Space Captain”, di Mattew Moore e da sempre nel repertorio di Cocker e i brani di Russell, il blues “Hummingbird”, “Dixie Lullaby” e “Give Peace A Chance” che hanno tutto l’incedere del Sud.

Un disco che a oltre mezzo secolo di distanza non ha perso un briciolo della sua personalità e meritatamente collocato nell’olimpo degli album indimenticabili. Le registrazioni si riferiscono a concerti tenuti il 27 e 28 marzo al Fillmore East (NYC) e il 17 aprile al Civic Auditorium di Santa Monica (CA), due locali che hanno visto tra le proprie mura tra i concerti più importanti della storia della musica rock.

[Antonio Boschi]

Joe Cocker – Mad Dogs & Englishmen cover album


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