Grinderswitch – Honest To Goodness recensione album di Antonio Boschi

I Grinderswitch sono una di quelle formazioni rock del “profondo Sud” che hanno vissuto come una meteora nel panorama rock ma che – comunque – sono state in grado di lasciare un piccolo segno che li ha portati fino ai giorni nostri.

La morte accidentale di Duane Allman determinò un repentino cambiamento nel suono in quell’area geografica, a Sud della linea Mason-Dixon, compresa tra Georgia, Alabama e le due Carolina.

Se possiamo definire la Allman Brothers Band la capostipite di una nuova scena musicale – legata al blues, al country, al jazz e alla musica “roots” di quei territori, fatta di lunghe jam, con un organico corposo – altrettanto possiamo dire che in quel maledettissimo 29 ottobre 1971 la storia del Southern Rock ha svoltato drasticamente. Non potremo mai sapere come sarebbero potute andare le cose, certo, la mia impressione è che tutto il “comparto” sudista ne avrebbe giovato, anche se non è tutto da buttare, anzi. Ci sono stati belli episodi, alcuni di grandi rilievo ma, anche, parecchie cadute di stile.

Nel 1973 la band con sede a Macon (Georgia) fece uscire l’album “Brothers And Sisters”, il primo senza Skydog (e durante le registrazione del quale morì pure il bassista Barry Oakey) che ottenne un meritatissimo successo.

Il disco, veramente bello, vedeva Dickey Betts prendere le redini della band che sostituì Duane con un pianista (Chuck Leavell, oggi coi Rolling Stones) lasciando al chitarrista di West Palm Beach la possibilità di inserire con vigore influenze più country, forse più orecchiabili e maggiormente radiofoniche.

Grinderswitch – Honest To Goodness

Il disco aprì una vera e propria autostrada nella quale si instradarono parecchie band tra le quali i Grinderswitch che nel 1974 debuttarono con questo “Honest To Goodness” (Capricorn Records, CP 0135) prodotto dal pianista Paul Hornsby e inciso in casa Capricorn.

La band si formò grazie alla volontà del bassista Joe Dan Petty, allora roadie degli Allman e caro amico di Betts, che radunò il chitarrista Larry Howard e il batterista Rick Burnett ai quali si aggiunse l’altro chitarrista e cantante Dru Lombar.

Riunitosi in una fattoria a Sud di Macon il quartetto iniziò a lavorare su nuove canzoni. Con Brothers And Sisters nel cuore ecco arrivare il primo album che può vantare la presenza di Betts nell’iniziale “Kiss The Blues Goodbye” e quella di Jaimoe nelle seguenti “Can’t Keep A Good Man Down” e in “How The West Was Won”.

Un album bello, ma senza punte memorabili, dove un buon suono non corrisponde a brani memorizzabili e che ti entrano in testa.

Per fare un paragone, se “Jessica” o “Ramblin’ Man”, alle quali tutto il disco si rifà, sono canzoni che ti colpiscono subito, in questo lavoro – tutto bello, per carità – manca il carattere vincente.

Confesso che al tempo avevo acquistato il disco per la sua copertina che vede i 4 protagonisti immortalati come in una vecchia fotografia con gli strumenti da lavoro di chi sta costruendo una ferrovia e, sullo sfondo, un vecchio cotonificio.

Dopo scoprii che la foto fu scattata nei pressi di Juliette, sulla linea della East Tennessee, Virginia & Georgia Railroad, che forse non vi dirà nulla, ma nel ’91 divenne il set per il famoso film “Pomodori verdi fritti, alla fermata del treno”, storia molto southern.

Di lì a poco il rock made in Sud iniziò il proprio declino, fino all’arrivo delle nuove leve come Black CrowesNorth Mississippi AllStars, ecc… Ma questa è un’altra storia.

A me resta il grosso dubbio: come sarebbe andata se Duane Allman non fosse morto?

[Antonio Boschi]


Grinderswitch – Honest To Goodness cover album


No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Segui Antonio Boschi

Segui WIT

La mia trasmissione su Mikroradio