Cosa ci fa Jeffrey Lee Piece, mente e anima dei Gun Club – iconica e nichilista formazione losangelina, tra le più quotate nel panorama punk californiano – vicino ad iconici album di bluesmen che ne hanno fatto la storia?
Tranquilli, non ho venduto l’anima al diavolo, ormai anche lui si è rassegnato, ma è semplicemente perché in quella – di anime – di Jeffrey Lee Pierce c’è tanto di quel blues che neanche l’intera discografia di taluni blasonati bluesmen basterebbe per fare un confronto.
Un blues particolare quello del compianto Pierce, grande appassionato di Delta Blues, capace di andare a recuperare vecchie polverose tracce e rimescolarle col suo gusto e ributtarle in faccia ad un pubblico – quello dei Gun Club appunto – certamente non di quelli che “Memphis è la capitale”.
Eppure tutto questo ha funzionato, e le recenti ristampe di alcuni dei titoli della formazione confermano che avevano lasciato il segno. Con Blondie nel cuore, Dylan nella mente, le passioni per il Raggae e Nick Cave ed una smisurata attrazione per Son House e Robert Johnson nel 1992 si ri-unisce al britannico Cypress Grove, col quale aveva già prodotto “Wildweed” nel 1985, e ci regala questo incredibile “Ramblin’ Jeffrey Lee & Cypress Grove with Willie Love” album sicuramente bistrattato dalla stragrande maggioranza degli appassionati di blues ma che – al contrario – è una vera propria lezione oltre che ad una grande scossa adrenalinica.
Ramblin’ Jeffrey Lee & Cypress Grove with Willie Love
A differenza delle prove con la band dove, comunque, il blues emerge in ogni opera in questo album diventa protagonista assoluto e questo “viso pallido” è capace di cantare come un “negro”, che sia stramaledetto.
Basta l’apertura con l’hit di Don Nix “Going Down” per metterti con le chiappe per terra e farti venire la voglia di sbarazzarti di tanti album che prendono polvere nel tuo scaffale, che poi non lo fai perché gli vuoi bene.
L’album originale, uscito per la New Rose Records conteneva 9 tracce, oggi grazie alla Bang! Records (Bang!-LP75) – che detiene il catalogo dei Gun Club – possiamo beneficiare di un doppio vinile con ben 16 tracce e la cosa, ve lo assicuro, non guasta.
Un mix di blues acustico ed elettrico, dove si alternano traditional (vedi “Pony Blues” di Charley Patton, “Future Blues” di Willie Brown, “Hard Time Killin’ Floor Blues“ di Skip James e “Moanin’ In The Moonlight” di Howlin’ Wolf su tutte) a composizioni dello stesso Pierce, forse la sorpresa più gradita che evidenziano le grandi qualità di questo artista che non ha avuto un bel rapporto con alcol e droghe e che se ne è andato un po’ troppo presto da questo mondo che, forse, gli stava troppo stretto, ma anche questo è il rock’n’roll.
Bastano, infatti, la sua “Stranger In My Heart” con le sgangherate chitarre dei due amici supportate dalla batteria di Willie Love (Saimon Fish, già nel giro dei Gun Club), dal basso di Carl La Fong e dall’armonica di Kimberley S. per non parlare dei 6 minuti abbondanti di “Go To Tell The Mountain” indubbiamente la vetta massima di tutta l’opera con quel blues ipnotico a far da supporto ad un solo di chitarra senza fronzoli ma tutto muscoli, mentre la voce di Ramblin’ Jeffrey Lee detta legge in quella terra di nessuno che darà il via alla rinascita del lo-fi blues anni Novanta.
Certamente non uno specchio definitivo su questo istrionico artista di El Paso, Texas, ma cresciuto nei sobborghi di Los Angeles, capace come pochi di proporci un suo blues personale, sincero, drogato e con lo spirito e le movenze di Debbie Harry e Marylin Monroe.
Un blues che a me, ma direi anche al diavolo, piace parecchio.
[Antonio Boschi]
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