Recensione album Robert Lucas – Luke And The Locomotives

Non possiamo certamente inserire il nome di Robert Lucas (1962-2008) nell’elenco dei fortunati, considerando la sua carriera e, soprattutto, la sua prematura morte avvenuta, pare, per overdose a soli 46 anni. Peccato perché era un artista di tutto rispetto, tra i migliori in quell’oscuro periodo per il blues che andava tra la metà degli anni ’80 a tutti i ’90, tanto da portarlo a diventare un membro dei mitici Canned Heat.

Californiano di Long Beach a 13 anni inizia a suonare l’armonica e, tre anni dopo, a cimentarsi con successo anche con la slide guitar. Dotato di una voce molto particolare e graffiante è capace di farsi notare giovanissimo nell’ambiente ed entrerà, ben presto, a far parte della band del bluesman Bernie Pearl nella quale approfondirà meglio le tecniche dei grandi del passato come Lightning HopkinsMance LipscombMississippi Fred McDowell, ma anche Freddie KingAlbert Collins e Big Mama Thornton.

Nel 1986 fonda la propria band, Luke & The Locomotives, con la quale inciderà 5 album con l’etichetta newyorkese Audioquest, nata appositamente ed utilizzando proprio l’album di debutto del gruppo, “Usin’ Man Blues” del 1990, per presentare la produzione dei cavi con altissimi requisiti da loro generati. I dischi incisi offrono registrazioni di alta qualità sonora utilizzando tecnologia avanzatissima per il periodo.

L’anno seguente esce questo “Luke And The Locomotives” (1991 – Audioquest, AQ-CD 1004) che ci offre una bellissima panoramica degli stili affrontati dalla band. Si parte col botto e la National di Lucas ci introduce con classe nell’arcinota “Good Morning Little Schoolgirl” di Sonny Boy Williamson, riletta con gran gusto da tutta la band che vede – oltre a Lucas alla slide guitar, voce ed armonica – il bravissimo chitarrista Paul Pops Bryant, la sezione ritmica composta da Al Bedrock Bedrosian al basso e Bob Max Ebersole alla batteria ai quali si aggiunge, non sempre, il piano di Steve F’dor.

Si cambia totalmente genere con la seguente “Big Man Mambo”, pronta a far ballare le donne in sala e che anticipa, sempre dalla penna del band leader “Slide On Outta Here”, dove le chitarre di Lucas e Bryant duettano con eleganza sostenute da un buon piano.

Tocca ad Howling Wolf venire omaggiato e l’armonica del corpulento californiano sa trascinare tutta la band impegnata a swingare con classe. “Shade A Tear” ci riporta alle piantagioni del Mississippi e qui Lucas si supera anche nel canto, molto intenso oltre che particolare.

Se si è nel Delta è impossibile non pensare al grande Muddy Waters e – immediatamente – dal fango del grande fiume americano emerge la sua “Feel Like Going Home” pronta a regalarci una delle più belle performance di questo brano, con un solo centrale di Bryant di altissima scuola chitarristica. Il buon McKinley Morganfiled può riposare in pace, questa volta il suo blues fortunatamente non è stato per nulla tormentato.

Lucas imbraccia nuovamente la National per presentarci la nuova “Don’t Your Peaches Look Mellow” e farci capire come la lezione del blues lui l’abbia proprio ben assorbita.

Un altro grande bluesman da omaggiare è senza dubbio John Lee Hooker e con “Meet Me In The Bottom” il quintetto non sbaglia una nota, cosa che si ripete con la seguente “Stranger” dal repertorio di Elmore James, un altro dei grandi della musica del diavolo.

Stiamo per vedere la fine di questo album ma non possiamo dimenticare “I’m So Tired” e la stupenda “Good-Bye Baby” dove, ancora una volta, Bryant si fa notare per gusto e tecnica, mentre Lucas e tutta la band ci regalano groove, classe e sudore. La mia preferita di questo album che amo particolarmente e che consiglio di cercare a chi vuole godersi un signor disco di blues.

[Antonio Boschi]


Copertina del disco Robert Lucas – Luke And The Locomotives (1991)

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