L’attuale, bellissima, struttura della stazione ferroviaria della cittadina di Manassas – capoluogo della Contea di Price William, in Virginia – è stata edificata nell’ottobre del 1914 dalla Southern Railway dopo un grave incendio che distrusse completamente la precedente in mattoni, eretta solo 10 anni prima in sostituzione dell’originale che era un piccolo edificio in tronchi posto all’incrocio tra le lineee ferroviarie Orange and Alexandria Railroad e la Manassas Gap Railroad.
Negli anni ’90 la città acquisto l’edificio dalla Norfolk Southern Railway che, con un lungo ed attento lavoro di ristrutturazione, riportò agli originali splendori questo classico esempio di architettura ferroviaria grazie alla direzione del Manassas Museum System ed oggi possiamo trovare al suo interno un centro informazioni turistiche e la James & Marion Payne Memorial Railroad Exhibition Gallery.
Questa stazione, oltre al suo ovvio utilizzo – è celebre per essere presente nella foto di copertina scattata da Ira H. Wexler del meraviglioso doppio vinile del supergruppo formato da Stephen Stills e Chris Hillman nell’autunno del 1971, che decisero di chiamare proprio Manassas.
Nel 1972 Stephen Stills era in un momento di grandissima forma che, purtroppo, non raggiungerà più in tutta la sua carriera.
Dopo l’esperienza coi Buffalo Springfield – ancora oggi una delle band fondamentali nella trasformazione del rock – la partecipazione alla “Supersession” con Al Kooper e Michael Bloomfield e, soprattutto, l’unione delle forze con David Crosby, Graham Nash e l’amico Neil Young ecco il nostro texano proporre un nuovo progetto assieme all’ex bassista dei Byrds Chris Hillman che prese il nome da una delle sedi principali di una epica battaglia della Guerra di Secessione, appunto Manassas.
Manassas: l’album
Seguendo la strada tracciata da The Band e Grateful Dead il suono di Stills & Co. si impreziosisce e si apre strizzando l’occhio al bluegrass, al blues, al jazz con alcune colorazioni latineggianti (da sempre care a Stills) e grazie al supporto di amici di vecchia data – come la sezione ritmica di CSN&Y formata dal batterista Dallas Taylor e dal bassista Calvin ‘Fuzzy’ Samuel, ai quali si aggiungono alla seconda chitarra (e pedal steel) Al Perkins, proveniente dai Flying Burrito Brothers, il tastierista Paul Harris e il percussionista Joe Lala, a costoro si affiancheranno in alcune tracce Bill Wyman, bassista dei Rolling Stones, affascinato da questo progetto e il fiddler bluegrass Byron Berline.
Quello che ne scaturisce è un doppio album (Atlantic 60 021) di particolare bellezza ed intelligenza che si suddivide in quattro differenti tematiche, una per facciata.
Side One: The Raven
“The Raven”, la prima riprende il sound dei sixties, si apre con “Song Of Love” e già capiamo che la formazione gira alla perfezione, e il disco molto ispirato dall’amore di Stills per Rita Colidge.
La seguente “Rock and Roll Crazies/Cuban Bluegrass” mette in risalto le percussioni di Lala e ci porta a “Jet Set (Sigh)”, una bellissima calvacata tra slide guitars.
“Anyway” è un bel rock che richiama in alcuni fraseggi iniziali i ZZ Top del primo, bellissimo, album registrato nello stesso anno.
“Both Of Us (Bound To Lose)” ha degli indubbi richiami ai Buffalo Springfield e si porta via il lato A dell’album.
Side Two: The Wilderness
Nella seconda facciata, “The Wilderness” prevale un sound che vira verso il country-bluegrass, che si apre subito col violino di Berline e il mandolino nelle mani di Hillman a farci ballare sulle note di ”Fallen Angel”, mentre la pedal di Perkins ci fa capire quanto questo strumento possa essere duttile.
“Jesus Gave Love Away for Free” è una bellissima e delicata ballata pianistica, tipica composizione di Stills dove – ma non è certa e nemmeno accreditata – troviamo Jerry Garcia alla pedal steel.
I circa tre minuti di “Colorado” sono un eccellente esempio di come il country stava contaminando il rock in quegli anni, e lo stesso possiamo dirlo per la seguente “So Begins The Task” che ci regala un meraviglioso ritornello a più voci.
Ancora Berline protagonista ad aprire “Hide It So Deep”, particolarmente country, così come la veloce e danzereccia “Don’t Look At My Shasdow” che chiude la facciata.
Side Three: Consider
Estratto dalla busta il secondo vinile ci immergiamo nel folk-rock di questo capitolo intitolato “Consider” che si apre con “It Doesn’t Matter”, ancora fantasmi Springfield in questa composizione a firma Hillman/Stills, che ci accompagna a “Johnny Garden”, altro gran brano firmato dal texano molto probabilmente nella casa londinese che aveva acquistato dall’amico Ringo Starr.
“Bound To Fall” è l’unica cover che appare e si tratta di un brano del 1966 scritto da Michael Brewer & Tom Mastin, seguita da “How Far” e da “Move Around” dove Stills utilizza un sinth Moog.
“Chiude “The Love Gangster”, composta a 4 mani da Stills e Wyman e qui torniamo in ambiente blues con una bella chitarra con tanto di pedale wha-wha sullo stile di “Go Back Home” dall’album di debutto dello stesso Stills.
Side Four: Rock & Roll Is Here To Stay
Giriamo il vinile per arrivare all’ultima facciata, quella rock-blues con grandi improvvisazioni denominata “Rock and Roll is here to stay” che verrà ripresa da Young nel testo della sua celebre “Rust Never Sleeps”.
Si parte con “What To Do” e “Right Now”, scritte dopo la rottura di CSN&Y e sulla non semplice relazione tra Stills e Nash, reo di avergli rubato l’amore della Coolidge.
Seguono gli 8 minuti di “The Treasure (Take One)” che non avrebbe certamente sfigurato in “Déjà vu”.
A chiudere l’album, registrato ai celebri Criteria Sound Studio di Miami (Florida), chicca assoluta, un omaggio in perfetta solitudine che Stills fa a tre icone della musica, da poco scomparse: Jimi Hendrix, Al Wilson e Duane Allman, ai quali dedica una meravigliosa “Blues Man”.
Gran bel disco, peccato solo che il seguito “Down The Road” dell’anno successivo sia risultato deludente, ma questo “Manassas” dovrebbe essere nella discografia di tutti coloro che amano la musica americana.
[Antonio Boschi]
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