Steve Goodman

Ecco un altro dei poco fortunati cantautori americani, quindi degno della massima attenzione, in quell’oscuro gioco alla Sherlock Holmes alla continua ricerca di misconosciuti songwriter.

Beh, non è che Steve Goodman sia proprio l’ultimo arrivato, magari molti italiani manco sapevano che esisteva, ma basta citare “Banana Republics” e tutti giù a pensare al bravo Francesco De Gregori. Eh no, signori, la canzone è proprio del chicagoano Steven Benjamin Goodman (1948- 1984) così come, e qui andiamo a confrontarci con gli appassionati di american music, “City Of New Orleans” che non è di Willie Nelson, di Arlo Guthrie o dei Seldom Scene” – che l’hanno sì resa famosissima – che, però, è scaturita dalla mente di Goodman.

E la possiamo trovare proprio qui, in questo omonimo disco, primo della carriera di Steve ed edito nel 1971 dall’etichetta newyorkese Buddah Records col numero di serie BDS-5096.

Ma la sfortuna maggiore di Goodman è la grave malattia, una brutta forma di leucemia, che lo ucciderà – troppo giovane – nell’autunno del 1984 a soli trentasei anni.

Nato, come si può dedurre dal nome, da una famiglia ebrea della media borghesia della Windy City, si trasferisce ancora adolescente coi genitori in un sobborgo a Nord della metropoli dell’Illinois dove frequenta, in classe con Hillary Clinton, la Maine East High School ed inizia la sua attività di cantante presso il coro giovanile del Temple Beth Israel in Albany Park.

Inizia anche ad ascoltare la radio, impara a suonare la chitarra e, durante gli studi universitari, fonda la sua prima band The Juicy Fruit. Si reca, abbandonati gli studi, diciannovenne a New York, immediatamente attratto dal Greenwitch Village, dove si ferma un mese e si fa le ossa esibendosi al CaféWha? Qui inizia a prendere forma la sua personalità di songwriter, fatta di una vena delicata, arguta ed estremamente fresca.

Dotato di una bella voce che sta tra quella di Arlo Guthrie e di Eric Andersen ha modo di conoscere, poco dopo, l’allora già famoso Kris Kristofferson per il quale aprì alcuni concerti al Quiet Night di Chicago. Il bel texano restò impressionato da Steve tanto da presentarlo a Paul Anka e qui Steve fece conoscere ai due l’amico John Prine che ottenne subito un bel contratto per Atlantic con la quale incise, nel 1971, il suo bellissimo primo omonimo album che conteneva, tra le altre, “Angel From Montgomery”.

Ma Anka riuscì ad accasare anche Goodman, appunto alla Buddah Records, e a produrgli, assieme a Kristofferson, questo album di debutto, offrendogli la possibilità di avvalersi di grandi musicisti di Nashville. Nella famosa città del Tennessee registrarono presso i famosissimi Quadrofonics Sound Studios, proprio dove solamente un anno dopo Neil Young inciderà il suo capolavoro Harvest.

Nel disco del canadese troveremo la batteria di Kenneth Buttrey e le geniali steel guitars di Ben Keith (1937-2010) che regaleranno la loro arte anche al disco di Goodman, assieme a nomi illustri come quello del celebre violinista Vassar Clements (1928-2005), dei tanti chitarristi – dal country-rockabilly Grady Martin (1929-2001) al celebre Stephen Bruton (1948-2009) e Bucky Wilkin – e poi David Briggs (1944-1995, quasi sempre al fianco di Young come produttore, qui come pianista) e Joan Baez ad armonizzare con la sua particolare voce su “Donald And Lydia” di Prine, oltre ad una interessante sezione fiati.

Il disco si caratterizza per la sua linearità, con 12 canzoni tutte di alto livello con alcuni brani di altissimo spessore, come la già citata e nota “City Of New Orleans”, la pianistica bellissima “Rainbow Road”, l’ironica “Turnpike Tom” con una piacevole armonica tra le cui ance soffia Charlie McCoy, la gemma “Yellow Coat”, che definirei la più intrigante di tutte col suo sommesso e malinconico incedere, ma non trascurerei nemmeno “So Fine”.

Un gran bel disco che consiglio di cercare. È stato ristampato anche in CD dalla Sequel Records, così come l’altrettanto bello e seguente “Somebody Else’s Trouble” (1972, Buddah BDS-5121) tra le cui fila troviamo il grande David Bromberg.

[Antonio Boschi]

Steve Goodman – Steve Goodman (1971) cover album

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